Sempre caro mi fu quest’ermo colle,
e questa siepe, che da tanta parte
de l’ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminato
spazio di là da quella, e sovrumani
silenzi, e profondissima quiete
io nel pensier mi fingo, ove per poco
il cor non si spaura. E come il vento
odo stormir tra queste piante, io quello
infinito silenzio a questa voce
vo comparando: e mi sovvien l’eterno,
e le morte stagioni, e la presente
e viva, e ’l suon di lei. Così tra questa
infinità s’annega il pensier mio:
e ’l naufragar m’è dolce in questo mare.
Si sta come
d'autunno
sugli alberi
le foglie.
Ognuno sta solo sul cuor della terra
trafitto da un raggio di sole:
ed è subito sera.
Meriggiare pallido e assorto
presso un rovente muro d’orto,
ascoltare tra i pruni e gli sterpi
schiocchi di merli, frusci di serpi.
Nelle crepe del suolo o su la veccia
spiar le file di rosse formiche
ch’ora si rompono ed ora s’intrecciano
a sommo di minuscole biche.
Osservare tra frondi il palpitare
lontano di scaglie di mare
mentre si levano tremuli scricchi
di cicale dai calvi picchi.
E andando nel sole che abbaglia
sentire con triste meraviglia
com’è tutta la vita e il suo travaglio
in questo seguitare una muraglia
che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia.
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